Il dilemma su cosa accadrà alla politica francese dopo il voto di fiducia dell’8 settembre rende gli investitori molto perplessi su come approcciare le obbligazioni transalpine dopo la caduta dei prezzi degli ultimi giorni che hanno riportato lo spread verso un Paese europeo come la Germania a 80 punti base sulle scadenze decennali, praticamente uguagliando il livello di rendimento offerto dai bond italiani tanto bistrattati.
La presenza di bond francesi è sostanziosa sui principali ETF che investono in titolo di stato dell’Eurozona. Ad esempio su iShares Eur Government Bond il peso di Francia eguaglia quello dell’Italia con una quota del 23%. Ma c’è un comparto obbligazionario nel quale i titoli francesi rappresentano quasi la metà del paniere dell’ETF, quello dei bond indicizzati all’inflazione.
ETF euro inflation linked: Francia e Italia in prima fila
Utilizzando anche in questo caso l’ETF di iShares come simbolica rappresentazione della diversificazione del comparto inflation linked europeo, scopriamo infatti che il debito francese copre il 45% del totale lasciandosi alle spalle l’Italia con “appena” il 33%. I due Paesi in pratica da soli fanno quasi l’80% dell’ETF. Non esattamente un’ampia diversificazione di rischio emittente verrebbe da dire.
Al rischio emittente sulla versione di ETF che vuole fare concorrenza ai TIPS americani e che giustamente un investitore europeo che desidera tutelare il proprio potere d’acquisto dovrebbe tenere in considerazione come tassello di una ideale asset allocation, si somma anche un rischio tasso maggiore. L’ETF Euro Inflation Linked di iShares, infatti, ha una duration effettiva di quasi 8 anni contro i 7 della versione di ETF a tasso fisso.
Se negli ultimi 3 anni i rendimenti dei due ETF hanno “ballato” attorno allo zero (leggermente positivo quello che investe in bond governativi europei a tasso fisso, negativo quello sui bond inflation), le ultime settimane hanno fatto ovviamente registrare una performance peggiore per l’ETF che investe in bond indicizzati all’inflazione proprio a causa del deterioramento del debito francese i cui tassi reali stanno avvicinandosi sulle scadenze più lunghe ai 2 punti percentuali.
Naturalmente chi pensa che la discesa dei corsi delle obbligazioni francesi e l’innalzamento di tassi reali a livelli storicamente interessanti (ricordo per gli Oat francesi indicizzati hanno meccanismi analoghi di replica dell’inflazione europea equivalenti ai BTP€i, ma non ai BTP Italia), potrebbe trovare nel recente sell off una occasione ghiotta di ingresso a condizioni favorevoli. Naturalmente vanno valutati con attenzione i rischi di un innalzamento dei tassi nei prossimi mesi, veleno puro per ETF con questa duration, ma anche un aumento del rischio credito a causa del persistere dell’instabilità politica francese che potrebbe addirittura sfociare in nuove elezioni e la riduzione inattesa dell’inflazione europea, altro fattore di freno nella rivalutazione di questi ETF.
Un ETF che negli ultimi 10 anni ha raggranellato un rendimento annuo di appena l’1,5% lordo contro un’inflazione che nell’ultimo decennio è stata del 2,5% medio annuo. Missione non compiuta.
La domanda a questo punto è se sarà il prossimo un decennio in cui la tendenza di invertirà e tornerà a far sorridere gli inflation linked franco italiani.